giovedì 22 marzo 2012

Pagine di vita


                                                                

              
                      (in basso, dopo la prima, è pubblicata la seconda parte)
                                                                 
   Era tutto pronto, non mancava nulla. Dette ancora uno sguardo e fissò compiaciuta l’elegante tavola con due coperti, per l’occasione aveva tirato fuori la tovaglia di candido lino ricamata da sua madre, che tocco di classe! Aveva scelto i piatti di limoges, quelli ricevuti in dono dal precedente marito, era un raffinato e amava l’oggettistica di qualità. Le posate d’argento, anch’esse frutto di un regalo, erano state scelte dalla lista nozze: le avevano detto che per i pranzi di un certo rigore non sarebbero dovute mancare.
   Il centro tavola era delizioso, un ikebana dai toni pastello raccolti in una ciotola; aveva imparato l’arte dei fiori recisi così per caso, la sua migliore amica era un’orientale mancata.
   Non aveva disposto ancora i calici e si affrettò a farlo, possedeva dei raffinati bicchieri di Murano acquistati da lei durante un’escursione nella città dell’arte vetraria, avrebbero completato l’insieme.
   Poteva dirsi soddisfatta anche nella scelta del vino, non era una perfetta intenditrice ma qualche piccola conoscenza la possedeva: per la cena a base di filetto arrosto in crosta con crema di porcini, aveva scelto un novello doc asciutto dal sapore morbido e leggermente fruttato.  
   Gli antipasti occhieggiavano sulla credenza in stile impero, era stata fantasiosa: voleva far colpo sul commensale in arrivo, una conoscenza importante alla quale teneva. Lei stava per proporgli una sua sceneggiatura e, forse, quella cena sarebbe stata decisiva: intorno ad un tavolo è più facile entrare nelle grazie altrui.
   Si vestì con cura ed eleganza, particolari non trascurabili: stava per giungere un regista di discreta fama. L’aveva notato durante l’inaugurazione del nuovo teatro cittadino, un tipo eccentrico ma di classe; rimase strabiliata quando le strinse la mano durante le presentazioni di gruppo. Lui galante e gentile le stette accanto tutta la serata e lei al termine della stessa con disinvolta nonchalance gli comunicò: “L’aspetto domani sera alle nove da me! Sono brava in cucina!”.
   Lui assentì con un sorrisetto divertito e annotò l’indirizzo.
   Era passata da un pezzo l’ora approssimativa della cena e lei aveva finito per addormentarsi semi-svestita sul divano, si svegliò per il suono insistente del campanello. Aprì la porta, era l’ospite che attendeva. Faticò a riconoscerlo, era in jeans e maglietta e dopo averle chiesto scusa per il ritardo, le disse: “Complimenti per il look, adoro gli anticonformismi!”
   Lo fece accomodare e si osservò allo specchio dell’ingresso, non indossava più il copri spalle e l’abitino in seta era arrotolato sui fianchi e completamente sgualcito; il trucco intorno agli occhi era quasi disciolto e i capelli da lisci avevano preso una piega diversa, era per giunta a piedi scalzi, un vero disastro!
    “Ho dovuto cenare con mia moglie, per cui mi andrebbe solo qualcosa da bere.” Esordì lui alla vista della tavola apparecchiata.
    “Non c’è problema, anch’io ho perso l’appetito.”
   E la conversazione prese piede innaffiata dal novello doc che non tradì le previste aspettative: lei gli sottopose la sceneggiatura che le stava a cuore. (continua)...
    
   “La guarderò con calma.” disse lui “Ora mi va di fare una passeggiata, lo so non è proprio prestino, ma fuori è una bella serata e credo che sarai un’ottima compagnia.” Era passato al tu confidenziale.
   Lei non se lo fece ripetere due volte e gli disse che avrebbe dovuto attendere un pochino: giusto il tempo per indossare qualcosa di più pratico e si allontanò.
   Non lo conosceva personalmente, eppure lo aveva invitato a casa sua e ora stava anche per uscirci insieme ed era quasi mezzanotte. Il fascino della notorietà, si disse, con un altro ugualmente importante forse non si sarebbe comportata allo stesso modo, anche se fino ad ora non aveva fatto nulla di male, sperava solo che il suo lavoro, la sceneggiatura, fosse presa in considerazione.
   Aveva frequentato uno stage dopo la laurea in lettere: desiderosa di scrivere storie teatrali, aveva fatto quel corso e le era piaciuto. Immaginava che le storie nate dalla sua penna avrebbero avuto successo e che sarebbe stata una Shakespeare in gonnella. Correva troppo con la fantasia, pensò, ne aveva di gavetta da fare e comunque i sogni la stimolavano ad essere creativa e a impegnarsi con intensità: passava anche le notti a revisionare l’intera stesura, i dialoghi, le azioni e gli ambienti in cui si svolgevano le scene, l’ex marito non comprendeva quella passione. Ma per essere interessante la storia doveva essere una buona storia, a parte lo sviluppo, contava l’idea e questo lei lo sapeva.
   “Eccomi!” esclamò “Possiamo andare.”
   Lui lasciò il copione sul divano, mentre lei cercava le chiavi nella borsa. Fuori la brezza marina si fece sentire, erano in prossimità del lungomare di quella cittadina marittima. Un vento tiepido scompigliò i soffici capelli di Simona, una ciocca le coprì i magnifici occhi chiari, lei la spostò con garbo e se l’accomodò dietro l’orecchio. Lui di sott’occhio osservò la scena e in quel momento si accentuò maggiormente il desiderio di lei: quel gesto gli portò ancora una volta alla mente il suo primo amore. Era uno sbarbatello alla sua prima cotta e s’innamorò perdutamente della sua compagna di ginnasio, aveva gli stessi capelli dorati di Simona, anche nel portamento gliela ricordava. Lei era bellissima e lo ferì con un insulto alla sua acerba virilità. La vita è strana, pensò, dopo parecchi anni avrebbe potuto completare quella sceneggiatura lasciata in sospeso. (Paragonava ogni cosa alla sua professione e del resto la vita è una rappresentazione reale di ogni essere umano).  
    “Ti andrebbe un gelato?” le chiese.
    “Considerando che non ho cenato, mi sembra perfetto!”
   Come due ragazzini si sedettero al muretto del belvedere. Nacque così una conversazione a cuore aperto: Simona gli raccontò della sua vita e delle sue aspirazioni.
   “Interessante il titolo della sceneggiatura. Pagine di vita, perché?”
   “Una storia può essere raccontata interamente o solo alcuni frammenti, quelli più significativi.”
   “Dovrò leggerla, mi hai incuriosito. Ma l’ho dimenticata a casa tua!”
    Ripresero la strada del ritorno e lei lo invitò a salire per recuperare il manoscritto, appena si chiuse la porta, lui con un braccio solo la strinse in una morsa e con l’altro le serrò la bocca per impedirle di urlare. Gli occhi della giovane donna erano atterriti e increduli, lei si domandava il perché in quegli attimi di terrore. Eppure lo conosceva, era un regista di tutto rispetto, mai sentito nulla di indecente sul suo conto. Cosa voleva da lei?
    “Le donne… vi odio, mi avete avvelenato l’esistenza!” esclamava con livore “Anche mia moglie, non le va bene mai nulla. E tu, sei gentile perché ti servo. Basta sono stufo di voi tutte!”
    La immobilizzò alla testata del letto della camera dove l’aveva condotta con forza.
   “Peccato non potrai scrivere più pagine di vita.” Diceva in preda ad un’esaltazione che l’aveva messo a nudo. “Mi sei piaciuta subito. Ricordi l’incontro al teatro? Ebbene è stato lì che ho cominciato a desiderarti e a odiarti. Non dovevi tornare, dovevi restare nei recessi della mia memoria.” ...    
  
   Fulvio spazientito non riuscì a portare a termine la lettura e cestinò quel manoscritto. L’editore si era raccomandato che lo leggesse prima degli altri, ma era solo un'esercizio di scrittura, non c'era l'anima in quel romanzo; si avvertiva il distacco, la mancata passione, come se la scrittrice avesse voluto dimostrare che era in grado di fare anche quello. 
   “Che storia noiosa e già letta!” alla fine esclamò “Cerca solo la pubblicazione, non ha stoffa e ama anche scopiazzare le idee altrui!” si pentì d’aver parlato a voce alta, in quel momento stava entrando il suo capo.
   “Quel manoscritto… tu lo ritocchi, lo sfrondi e… sai come fare. Si tratta della nipote di un mio caro amico, un tipo influente, dobbiamo a lui tutto questo. Per il resto ci penso io, lo portiamo anche in concorso, ho amici in giuria.”
   Pagine di vita divenne un best-seller, ma di quell’autrice si persero le tracce: la sua vena si prosciugò, se mai ne avesse avuta una!
   
         
      
         
      

sabato 10 marzo 2012

Rimpianto


                                                              

   L’orizzonte aveva colori pervinca, le ricordava il prato di mammole che amava cogliere durante le sue passeggiate nei boschi, ne percepiva ancora il soave profumo tipico degli spazi aperti. Sospirò appoggiata alla balaustra del balcone e abbassò lo sguardo… rattristata: il cielo non le riportava la sua amata terra.
   “Devo andar via da questo posto ammuffito, non ce la faccio più, siamo indietro di cinquant’anni! Non c’è neanche lavoro ed io che ho studiato tanto!” sbottò Carmela alla richiesta di sua madre.
   “Carmelina che dici?” rispose accomodante la donna “Figlia mia, vedrai che ti arriverà la comunicazione che stai aspettando. Intanto potresti andare a dar lezione a Sante, quel ragazzino non può venire da noi.”
   L’insofferenza cresceva, doveva lasciare il paese che le dava solo profumi di fiori e familiarità, lei non voleva finire come sua madre devota sposa alle prese con la famiglia, i conti alla fine del mese e un tiepido rapporto fatto di rinunce e sopportazioni.
   Non aveva studiato per niente e la laurea in lettere voleva sfruttarla diversamente, non soltanto dando lezioni a domicilio a quattro mocciosi, per poi sposarsi con un paesano zoticone.
  Fece armi e bagagli e con i soldi accumulati partì, promettendo a sua madre di non farle mancare mai notizie e di tornare appena le fosse giunta la comunicazione d’insegnamento nella sua regione.
   Si guardò intorno e vide una casa modesta, se ripensava alla sua giù al paese, questa le sembrava meno funzionale e più misera. Era giunta in quel luogo euforica e pregna di speranze, sentiva che si sarebbe realizzata e che avrebbe trovato l’uomo dei suoi sogni. Ottenne l’insegnamento, ma la scuola era distante e disagevole, ore di pullman per stradine di montagna, per giungere a un istituto ubicato in un vecchio stabile freddo e trascurato, pareti scrostate e sporche, aule deprimenti e bagni del dopoguerra. Gli alunni ribelli erano poco inclini allo studio e ai sani valori, avevano alle spalle famiglie zotiche e irriverenti. Con forza e determinazione riuscì a imporsi, anche se per tutti loro era sempre la prof dell’estremo sud con mentalità diversa da loro, gente del continente.
   La madre di Carmela era a conoscenza che sua figlia era stimata e realizzata come insegnante di lettere e che presto sarebbe discesa al paese per farle conoscere il suo futuro genero, il preside della scuola: questo lei sapeva.
   L’amore fa brutti scherzi e Carmela aveva da un pezzo messo da parte le sue idee belligeranti, era divenuta vittima di un buzzurro ammaliatore che nonostante la mancanza di raffinatezza e cultura la seduceva in altro modo: quando lui la sfiorava lei non comprendeva più nulla, come faceva sesso lui nessun’altro e come spillava quattrini… Era riuscito a farsi accreditare sul suo conto lo stipendio della donna e le imponeva quel domicilio disagiato, tutto in nome del sacrificio per un’eventuale casa di proprietà; ignorante e rozzo, ma tanto sagace.
   “Sono contenta per te figlia mia.” le diceva la madre al telefono “Anche se avrei voluto che fossi qui. Peccato, si è aperta una scuola privata e la direttrice mi ha chiesto di te!”
   Era da un po’ che Remo tornava sullo stesso argomento mentre facevano l’amore: chiedeva a Carmela di accendere la telecamera; l’aveva comprata a una svendita dicendole che avrebbe filmato i momenti più belli. La donna si rifiutava, non le sarebbe piaciuto rivedersi: l’imbarazzo e la morale non gliel’avrebbero permesso.
   “Posso almeno farti una foto… dopo.” disse una sera “Sei così bella che ti vorrei ricordare, così!”
  Carmela cominciava a stancarsi, quelle richieste le pesavano e si era pentita di essersi fatta fotografare nuda, non comprendeva e non le piaceva.
   “Stasera viene un amico mio a cena!” annunciò Remo con la faccia di pesce lesso. “Sei stata femmina, ieri sera! Sempre più brava, la mia donna!”
   Che orrore, Remo l’aveva lasciata sola con l’amico che le aveva messo subito le mani addosso, stringendola con furia.
   “Ti ho vista!” esclamò con sguardo lascivo “Fai la femmina, anche con me! Ti pagherò bene, dolcezza!”
   Erano vicino al tavolo apparecchiato, lei prese la bottiglia di novello e rapidamente gliela fracassò sulla testa, poi corse via.
   Ora era lì… prima d’andar via per sempre. Aveva sporto denuncia e aveva bloccato il conto in banca. Le era andata male, pensò, ma si era salvata in tempo. Avrebbe cercato un’altra sistemazione, ma poi che sarebbe stato se lui fosse tornato a cercarla e per di più faceva l’insegnante in una scuola che non la gratificava. Doveva tornare a casa, questa era l’unica soluzione.
   Ripensò alle parole della madre, quanto le mancava! Le mancava anche la sua terra profumata di sole e genuinità. Al diavolo le sue idee di cambiamenti, non aveva da spartire nulla con quella zona e con i suoi abitanti. Poco dopo era in stazione con il cuore gonfio d’amarezza, ma di speranza!